Il cambiamento delle linee interpretative dei grandi pianisti del passato è sempre stato in linea con le trasformazioni storiche riguardanti gli equilibri sociali ed etici di un pubblico in continua evoluzione. Perché oggi non accade più? È necessario riscoprire la musica a livello antropologico, più che culturale, ma per far questo è fondamentale superare la tradizione modernista, secondo cui il pianista compie un rito sacerdotale, per un pubblico ormai totalmente disinteressato a fare da mero testimone.
Analizzando le diverse modalità con cui i grandi interpreti della storia hanno gestito il rapporto tra il compositore e il pubblico, l’autore identifica e distingue per paradigmi i vari periodi dell’interpretazione pianistica, tracciando con straordinaria lucidità quelle linee guida che potranno condurre il pianista di oggi nel periodo del postmoderno, verso la rifondazione del concertismo. Una visione in cui il pianista non si relaziona più esclusivamente con l'autore, ma lo digerisce in se stesso, per poi comunicare un contenuto emotivo, nel quale il pubblico riesca finalmente a identificarsi.